Contributi Critici
Le parole descrivono l'arte

Carlo Franza

Materia e cromia segnano da tempo il lavoro materico e coloristico che attraversa il percorso di Gianfranco Coccia, portandosi verso soluzioni da una parte segniche e dall'altra analitiche che paiono guardare a tutta una scola italiana che da Pinelli si sposta verso Gioni Parra e Armando Marrocco.

Interrogativi chiari che pongono Coccia nel quadro di una ricerca assoluta che vive di grandi esempi e che danno al suo lavoro la ricchezza del sentirsi in linea con la contemporaneità


G. Cudin

Quando incontri un'artista, la sua arte, la sua creatività, entri nel suo mondo, vedi la sua pittura e senti ciò che l'opera ti lascia dentro, scopri l'uomo: ed allora si completa tutto quanto avevi visto e sentito dentro il tuo animo. Le opere di Coccia non sono immaginazione al servizio del capriccio di dipingere, ma sono un mondo di significati, tratti dalla sua esistenza, dal suo esplorare, composti da ricordi e dal desiderio di esprimere “un nuovo” atto del dipingere.

Sono tavole significative, che vivono di luce propria, tra il bello ed il vero, ove la tecnica è al servizio del gesto, coordinate da una mente creativa, giovane, magica che si libera dopo aver meditato il “cosa fare”. Sono lavori frutto di momenti ben precisi, ove l'aspetto poetico del colore si fonde con l'incisiva personalità, liberando immagini che possiamo definire rispondenti ad un “realismo interiore”.

Gianfranco è un personaggio imprevedibile e tutt'altro che convenzionale. La sua multiforme attività si articola dopo un'attenta analisi orchestrata nel momento di dipingere l'opera e segue canoni che appartengono al solo essere uomo ed artista. Mentre lavora viene attratto dal magnetismo del colore che con il gesto si strasforma in un mondo di allusioni sottili epenetranti. Le continue sollecitazioni esterne vengono dominate dall'artista ed immediatamente pilotate in composizioni “poetiche di colore” chiave e frutto” di un suo intenso coinvolgimento.

É la nostra sensibilità a guidare i nostri occhi dentro il mondo del dipinto di Coccia, farlo nostro, liberare con la nostra immaginazione ciò che l'artista ha con tanta forza e particolare tensione realizzato.


Barbara Ammanati

Una direzione di ricerca continua sulla possibilità di trovare espressioni libere da schemi e da strutture dotate di diretto significato con un insieme di esperienze artistiche che attraversano l’action painting, l’informale materico astratto, lo spazialismo, la pittura segnica


Maria Emilia Clannavel

Gesto creativo libero e dinamico sicuramente non improvvisato, piuttosto: specifico, pensato, rivelato e allo stesso tempo imprevedibile.

L'Artista segue una continua ricerca, sperimenta, sovrappone, varia la sua dimensione espressivo-pittorica continuamente, rimanendo sempre coerente alla propria intenzione, dove l'arte deve riuscire a far vedere ciò che ad una prima osservazione è invisibile a molti.

Spazio, tempo ed emozione si sovrappongono e provocano forti sensazioni nelle opere di Gianfranco Coccia. Tutto si sovrappone, si mescola, senza però dare una sensazione di disordine, secondo cromie signiche specifiche e direzionali, volute, dove ciò che prevale sembra essere la luce, un bagliore, il momento: quell'istante velocissimo che conclude il percorso di riflessione.



Maria Beatrice Rigobello Autizi

... Gianfranco Coccia è un pittore che nella ricerca è fedele al concetto, che fu di molti artisti, per cui l’arte non riproduce il visibile ma rende l’invisibile. Superate le tecniche pittoriche tradizionali, Gianfranco Coccia dipinge secondo una logica di stratificazione e di sovrapposizione, con linee di colore e grovigli di traiettorie che, attraverso la valenza estetica, rivelano la complessità delle emozioni nel mondo contemporaneo. Talvolta egli inserisce nel quadro sabbie, lana di vetro o altri materiali interpretati come tracce di memoria in grado, tra l’altro, di trasmettere una valenza plastica ai quadri. Sono composizioni a tutto campo, all over, molto spesso vicine ad un espressionismo astratto, dove ogni elemento attinto dalla realtà viene assunto come materiale utile alla ricerca compositiva e pittorica. Il risultato che ne deriva è un’intrinseca quasi corporea, poeticità permeata di una sottointesa musicalità cromatica.

Le suggestioni della scultura hanno spinto il pittore ad esplorare nuove forme espressive che hanno portato alla creazione dei totem, dove il colore interagisce con la forma creando continui rimandi spaziali tra pieno e vuoto. Sculture che si inseriscono nello spazio senza interromperlo, anzi sottolineandone il valore di essenza, quasi a ribadire il valore assoluto della materia e, al di là di essa, dell’esistenza.


Anna Fabiani Alessandri

Gianfranco Coccia, con le sue realizzazione pittoriche, continua a curare il giardino delle sue migliori intenzioni offrendo talora visioni pure e pacate talora orizzonti malfermi ed incerti, che danno qualche vertigine nelle linee mutevoli di mari e deserti.

Non ci si può sottrarre al fascino delle sue tele dove sono tessute sapienti sfumature e delicate alternanze di pieni e di vuoti; i tratti neutri e sobri si sovrappongono e si affiancano ad allusive ramificazioni ricche di materia. Tutto si ricompone prodigiosamente in una semplice, appena accennata unità minerale.

A volte, poi, gli elementi si compongono come una famiglia di luci lunari o solari, le linee e i segni si inseguono per pacificarsi in qualche punto, tenendo nascosto l'infinito. L'artista scorre in tutti i colori, percorre emozioni contrastanti, distilla l'essenziale dei cieli, delle onde, dei piani e delle superfici, alimentandosi dell'esercizio continuo dell'essere qui ed ora e dell'essere altrove. 


Nicola Alberto De Carlo

(…) C'è bisogno, oggi, di intrecciare fra loro raziocinio e speranza, creando una sorta di partita doppia in cui possano contare sia le logiche della tecnologia e della finanza, del lavoro e dei prodotti, sia le dimensioni del bello e dell'antico, della fiaba e della trascendenza.

È questa la prospettiva in cui si colloca Gianfranco Coccia, apprezzato professionista di normative e di numeri nella ragion pratica, che affida alla pittura l'altra – essenziale – parte di sé: per descriverla con le sue parole, quella che impasta il colore e manipola la materia (Amazzonia), che rinvia al passato, a motivi ricorrenti quali le increspature del mare, a realtà misteriose e pulsanti come i linguaggi arcaici (Passaggio in Mesopotamia), contrastando in nome di spazi e tempi senza confini la quotidianità pressante, il timore di attardarsi e perdersi (Cercando Arianna) nel labirinto della vita. 


Barbara Ammanati

... La superficie delle sue composizioni con procedimenti pittorici e con interventi e inserimenti di varia natura, assume un carattere materico di forte intensità che concorre a creare, a volte in poche decine di centimetri di pittura, una suggestiva spazialità. In questi microcosmi creati da Coccia, la visione dello spazio è un punto focale: ora è di grande dinamismo, ora immobile. Si legge nelle sue opere un informale che avvicina alla natura, un immaginario poetico ed evocativo di deserti, oceani, isole, montagne, fossili e forme zoomorfe, costellazioni lontane.

Anche nell’uso del colore, spesso monocromo o con accostamenti tonali dalle piccole variazioni, ritroviamo una precisione geometrica, in cui vi è sempre un orizzontale o un verticale che prevale. Una luminosità intima segna una recente serie di piccoli dipinti, opere che assumono azioni pittoresche più che meditate e intimiste, ma sempre rivolte allo studio dello spazio e delle sue infinite variazioni.


Maria Beatrice Rigobello Autizi

I Totem, opere in bilico tra la pittura e la scultura, si impongono per l'articolata tecnica compositiva, che vede interagire materiali diversi tenuti insieme da un raffinato e complesso cromatismo. Non sono solo le suggestioni del colore a creare effetti inusuali, ma anche gli stessi materiali che si perdono nella composizione, come la sabbia del Sinai, che rimanda le memorie di antichissima storia e spiritualità, o la polvere d'oro, che cerca tracce di luce sulla materia opaca.

(…) I Totem, le Tele, e Tavole di Gianfranco Coccia, improntate ad un linguaggio astratto di corporea matericità, vanno anch'esse oltre la pittura per trasformare la materia in visione e per tradurre le stesure cromatiche in vibrazioni logiche e insieme poetiche.



Nicola Galvan

L'esperienza creativa di Gianfranco Coccia scaturisce dalle fascinazioni che le superfici di Jackson Pollock e Mirò, e la prodigiosa vita espressiva che le anima, hanno comunicato al suo sentire: queste, esplicitamente, si sono dal principio incaricate di guidare la sua mano ed il suo progettare artistico. La non figurazione, o meglio, la volontà di dare una figura ed un corpo, certo dal profilo indistinto, alle pulsioni dell'inconscio, al versante immaginario del ricordo, sarà tuttavia destinata a designare coerentemente, tranne rare eccezioni, il territorio delle sue visioni: questo rinuncerà in sostanza all'opzione mimetica – sia pure di ordine simbolico – nei confronti della realtà da tutti riconoscibile.

Scorrendo i capitoli del suo percorso espressivo, emerge come la pittura di Coccia, volendo affrancarsi dalla lezione dei maestri ricordati, allo scopo di svolgersi come cammino pienamente individuale e consapevole, abbia necessitato di fare proprio il tema del viaggio e con esseo il suo successivo vivere entro la dimensione della memoria. È infatti specchiandosi nel ricordo dei paesaggi a sud del deserto del Sinai, così come nelle più “domestiche” brume della Laguna, che il gesto del pittore ha trovato maggiore ordine e distensione, e la sua visione una nuova chiarezza, compositiva e tematica Queste “ricostruzioni” a loro modo paesaggistiche, legate tanto alla dimensione mentale quanto a quella emozionale, pur riconvocando occasionalmente fantasmi di elementi figurali, appaiono oggi come sedimenti di suggestioni, da cui le successive avventure, pienamente informali, hanno tratto la propria linfa espressiva. Contestualmente, le vestigia di antiche culture hanno condotto l'artista verso esperienze di ordine plastico, che hanno trovato soluzione nel compimento di enigmatiche forme totemiche, ora dalle superfici aspre, ora dal profilo frastagliato, che in quest'ultimo caso l'artista ha scandito attraverso uno avvicendarsi di pieni e di vuoti.

Proprio questi ambiti tematici, condizionati dalle peculiari, differenti caratteristiche luminose dei luoghi ricordati, hanno richiamato alternativamente nella sua pittura i principi di luce ed ombra: una dicotomia che diverrà rapporto dialettico nei più recenti esisti espressivi.

La scelta di procedere attraverso “cicli” pittorici rappresenta anch'essa una importante chiave di lettura dell'operare artistico di Coccia. Vi è dunque la necessità da un lato di squadernare, quanto più possibile, un determinato tema, quasi per presentare idealmente il diario della sua evoluzione nel pensiero dell'artefice, l'analisi coscientemente svolta nei suoi confronti. Dall'altro, di dare figura – si dirà anche: di esorcizzare, di esercitare, su di essa un controllo – ad una fase della propria vita interiore, “vedendone”, grazie alla pittura, il sostrato di passione, ossessione, desiderio, forse dolore: di disegnare i suoi confini, comprendendo di essa il senso, al fine di poterla accogliere compiutamente come parte della propria storia personale.

Non è probabilmente un caso che una sorta di “occhio” campeggi nelle superfici dell'ultimo periodo, come lo sguardo di un misterioso osservatore che appare in grado non solo di assorbire l'immagine del mondo, ma anche di scrutare nell'intimo di chi gli si pone dinanzi, sia esso l'artista medesimo.

L'articolato ciclo delle “Attrazioni spaziali” può avere la sua origine almeno ideale nel distendersi di alcuni territori dai riflessi metallici, opache porzioni di spazio dalla provenienza oscura, il cui trattamento pittorico, aspro e materico, presenta tracce di quel dripping o gocciolamento evidente memoria della pittura di Pollock – usato da Coccia nelle sue prime esperienze creative. Il comparire in essi di una fenditura o ferita, dalle molteplici possibilità di lettura analogica, annuncia l'accedere della superficie ad una “profondità” che rivoluzione la sua stessa sostanza. Quello spazio che, in un altro tempo artistico, sarebbe stato il luogo della rappresentazione in pittura, viene alterato dalle nuove, turbolente modalità segniche e gestuali:la materia di cui son fatti i dipinti del più recente periodo appare così mobile, fluida ed al tempo densa, “attarente”. Come fossero in sua libera disponibilità, gli elementi della luce e dell'ombra - recando ovviamente con se le rispettive implicazioni metaforiche – vengono arbitrariamente rimescolati dall'artista per mezzo di un movimento creativo rapido, destinato a produrre superfici capaci di evocare, portandoli a coincidere, il “battito” della componente fisica del suo agire ed il progetto del suo pensiero artistico.

I grandi vortici che caratterizzano le ultime composizioni del pittore, attraversati a volte da semplici segni incrociati, a volte da nuovi gocciolamenti o da tentativi di cancellazione, alludono ad una sorta di caos primordiale ed arcano, piegato tuttavia verso un movimento coerente insistentemente circolare. Viene alla luce il Maelström descritto da Edgar Allan Poe in uno dei suoi più celbri racconti, l'enorme gorgo marino entro il quale il tempo stesso precipita: in termini affini, entro questi quadri di Gianfranco Coccia - uomo abituato nella professione a sottomettere il mondo dei numeri alle leggi dell'ordine e della ragione – ad essere eveocate sembrano essere le forze dell'irrazionale, una sorta di baratro che accompagna la storia dell'uomo, e che osserva, ora più da presso ora più da lontano, il percorso di ognuno di noi. Questo ciclo pittorico dell'artista, probabilmente il suo più sentito ed intenso, realizza luoghi ove ragione e irragionevolezza, ordine e caos, luce ed ombra si rimescolano e, “nuovamente”, si appartengono, dando voce all'aspirazione, certo utopistica, di un ritorno ad una unità perduta. Rivolgendosi a chi li osserva, suggeriscono forse che saper attraversare la loro contraddizione, ed il loro abisso, può portare a riconquistare la pienezza di se stessi. 


Stefania Sgardiolo

.... “Luce e spirito, la prima dominante nel mondo fisico, il secondo in quello morale, sono le energie più alte e invisibili che si possano concepire” scriveva Goethe in Aforismi sulla natura ed è proprio quanto emerge dalle opere di Gianfranco Coccia.

L’essere umano non appare nelle opere di Gianfranco Coccia, trovano paesaggi interiori, scorci marini, spiagge, un mondo fatto di elementi senza stagione in cui l’occhio si perde e trasmette le vertigini delle riprese aeree. Su tutto questo si avverte la continua sfida tra gli elementi, tra l’acqua e l’aria ed il silenzio delle poesie come essenza, come contemplazione delle forme sottratte dall’attacco del quotidiano.

Le sue sono anche composizioni di pittura liquida e pastosa, fatte di masse che lievitano e si sfiorano: atmosfere sconfinate e turbolente, orizzonti aperti e realizzati come materia sottile, fatta di velature e di trasparenze.


Laura Sesler

“Un sentimento di stupita ammirazione nei confronti della natura si coglie nelle marine di Coccia, non definite realisticamente ma realizzate con rapide pennellate che colgono i rossi riflessi del sole o gli argentei bagliori della luna sull’azzurro dell’acqua in movimento”


Barbara Ammanati

A differenza dell'informale che di primo acchito induce a considerare, la pittura di Gianfranco Coccia non vive di gesti significativi solo per la durata del loro compimento, di automatismi germinali e non è nemmeno figlia di un parossistico individualismo. Respinge la mimesi del reale, così come l'astrazione geometrica che dalla ragione è dominata ma la sua non-forma vive di sentimento e di volontà di comunicare emotivamente. (…)

La materia è il mezzo: pulita e diretta, sottile fatta di di velature e trasparenze. L'essere umano non appare ma nella sua completezza di forma, ma lo si sente ben palpitare in questi materiali eterodossi, svolti con una continua sperimentazione di matrice artigianale.


Mostra d’Arte “ Artisti Veneti” Museo Nazionale di Villa Pisani in Stra (VE) 2012

“ Che sorpresa vedere come tavolette di piccole dimensioni abbiano il respiro e la monumentalità dei grandi quadri! Il NATURALISMO Elegiaco di Gianfranco Coccia è fatto di superfici cromatiche scosse da vibrazioni gestuali dalle intonazioni verdi e azzurre. Con una sensibilità crepuscolare e intimista tutto il paesaggio sta dentro un’unica grande pennellata connotata da scarni riflessi”


Elena Gollini

Le soluzioni pittoriche realizzate da Gianfranco Coccia ci indirizzano verso un approccio fortemente evocativo e ci guidano nell’ articolato sentiero di una formula espressiva di matrice astratta e informale, che lascia ampie opportunità di lettura interpretativa e suggerisce chiavi d’accesso d’impronta simbolista, concettuale e metaforica. Egli, per certi versi, si può allineare al “concetto michelangiolesco” di “non finito” e di “non compiuto” inteso come consapevolezza della forza e della potenza intrinseca che già l’opera d’arte possiede, insita in sé, ed esprime nell’atto stesso della sua creazione, senza bisogno di essere ricondotta e relegata a costrizioni figurative conformanti e convenzionali. Il particolare scenico dell’incompleto, riportato nei termini dell’astrattismo e della riproduzione informale, evidenzia come l’opera possa comunque sprigionare e trasmettere appieno intense e coinvolgenti emozioni, capaci di penetrare nel profondo dell’anima dello spettatore e di metterlo in contatto diretto con la sfera interiore e spirituale dell’autore. Nella produzione artistica di Coccia, la versatilità compositiva spazia in tutti i territori della comunicazione visiva ed emozionale. Il pensiero e il linguaggio sono caratterizzati da richiami e rimandi a una poetica visionaria, di radice fantastica. La perizia tecnica di realizzazione, conferisce alla cifra stilistica un’inconfondibile ed esclusiva unicità identificativa. Il fare artistico di coccia possiede la qualità di saper accedere alle conclusioni concettuali, senza mai fare venire meno quella pulsante tensione creativa, che lo spinge e lo ispira a continuare nella ricerca. Il senso della sintesi narrativa lo porta a completare il lavoro pittorico, esaltando al massimo il gioco delle forme, degli spazi, dei volumi, tramite le combinazioni materiche e le declinazioni degli equilibri cromatici. La vena narrativa è frutto di una piena e consapevole individualità artistica. La sua vocazione creativa non concede mai spazio a proiezioni e prospettive visive banali, retoriche e scontate, ma si canalizza e focalizza, soffermandosi sulle potenzialità del colore, sugli effetti luminosi e sulle molteplici e variegate possibilità d’intreccio e commistione. Le qualità pittoriche di Coccia scaturiscono da una meditata e ponderata riflessione sulla duttile materia del colore e sul senso interiore e interno dell’opera. Nella registrazione del dato reale spesso la civiltà odierna tende a dimenticare ciò che rappresenta sostanzialmente. Coccia ci ricorda, tramite la sua pittura, che il valore e l’importanza dei sentimenti non è mai superflua e attribuisce all’arte una valenza sentimentale primaria e imprescindibile, da diffondere e propagare con un messaggio di portata universale.


Maria Beatrice Rigobello Autizi

E’ un artista in continuo divenire Gianfranco Coccia. Con entusiasmo e coerenza, da anni, continua la sua personale ricerca valendosi di molteplici materiali, di cui sperimenta le possibilità cromatiche e materiche, gli accostamenti e i percorsi espressivi, per inoltrarsi nei meandri della pittura e della scultura. I quadri diventano spazio in espansione, sfidano le valenze plastiche con inserimenti di colore, sabbie e altri materiali capaci di svelare e rivelare emozioni e sentimenti, suggestioni e interrogativi. Opere rigorosamente astratte in cui la ricerca compositiva diventa stratificazione, il colore si libera dalle strettoie della forma e traduce le linee cromatiche in orizzonte lontano, in onda sonora, in poetico vagheggiamento di una dimensione ideale intimamente lirica e sottilmente musicale. Talvolta il dipinto sottintende la rivolta del colore e cede alla materia, assumendo valenze dichiaratamente plastiche, intense e aggettanti, valendosi di interventi gestuali immediati e diretti, affrontando senza compromessi la dimensione simbolica dello spazio e del tempo.
Le sculture si ispirano più dichiaratamente alle sollecitazioni della natura, ripercorrono idealmente le forme che il vento scava sulle rocce, riproducono le curve che l’aria modella sui tronchi e sui rami. La tridimensionalità si fa colore, la materia si allontana dalla propria identità diventando “altro”, pittura e scultura si fondono insieme e il risultato che ne deriva è quello di una dichiarata contaminazione artistica dove la realtà va oltre se stessa per divenire esperienza concettuale.


Luigi La Gloria

La vita di un artista, si sa, scorre ininterrottamente su un lungo percorso di perenne cambiamento e, lungo questo sentiero, egli si confronta con il desiderio di andare oltre le barriere che il mondo esterno cerca di imporgli tanto che la sua esistenza, alla fine, si trasforma in un continuo dibattito, talvolta impetuoso, tra ciò che è e ciò che vuole essere.

E l'effetto prodotto tra questa sorta di incontro-scontro, che si svolge tutto all'interno dell'animo, genera una condizione di astrazione esistenziale, che proietta l'artista, senza soluzione di continuità, verso quella di ricerca che apre la mente al senso dell'arte e della vita. Un'astrazione, quella di Gianfranco Coccia, che va intesa come l'apice di un processo in cui, dall'analisi del particolare, egli accede a una sintesi più universale superando, con un guizzo d'intuizione, ogni effetto spazio-temporale. Ed è solo attraverso quel balzo nei profondi e misteriosi ambiti della mente, che aprono a una visione della pittura che va oltre i consueti contenuti illustrativi – dove spazio e tempo appaiono elementi senza alcun significato – che egli trova il sentiero che conduce nel suo intimo metacosmo per cogliere, nella massima sua accezione, quell'idea di purezza e di interiorità metafisica di cui le sue opere sono pregne

Da quell'immaginario punto di osservazione, dove peraltro si celano anche gli implacabili artigli del dubbio, dove si intravede l'incerta linea di confine tra il definito e l'indefinito, la realtà e il chimerico, egli osserva la natura transitoria delle pulsioni e prende coscienza che la fragilità umana non richiede di essere dimostrata, poiché essa è presente nelle nostre vite e incide profondamente sulle nostre esistenze.

Lungo questo particolare percorso, Gianfranco, comprende che è sulla base di un principio interattivo tra soggetto e soggetto e che la bellezza si lega alla sua capacità creativa di trasfigurare la realtà affinché la sua arte diventi sempre più espressione diretta del suo stato d'animo. Così in un'esistenziale contrapposizione al formalismo e al fondamentalismo razionalista, Gianfranco percorre la strada della multiformità dei linguaggi e delle espressioni, palesando la sua intima propensione a privilegiare il lato emotivo della realtà. Una sorta di schermo sul quale proiettare il drammatico travaglio della vita interiore dando luogo a un'astrazione talvolta così affine alla musica da spingersi fino alle fonti più segrete dell'emozione e della spiritualità.

Ne scaturisce così una pittura in cui linee e masse di colore entrano in un rapporto dialettico, in modo analogo al ritmo e al contrappunto di un discorso musicale. E sull'astratta scia di un'idea sinfonica della percezione del mondo, che si identifica soltanto col sentimento, Gianfranco comprende che il postulato di un'arte che aspiri alla suprema sincerità, non può prescindere dal percorrere quella fragile e ingannevole linea di spartiacque che separa la visione oggettiva dalle sfuggenti verità trasposte da una mente obnubilata dal pregiudizio. Ed è proprio un lungo sentiero di massimo fervore immaginativo che egli perviene all'essenza di un'arte libera dall'insidia della vanità per godere, così, di quella gioia luminosa che scaturisce solo dal raggiungimento di una piena libertà di pensiero.

Ecco perché le sue tele, riempite talvolta di non forme, lasciano trapelare un'energia che scruta i momenti remoti dell'anima per tradurli, poi, in palpiti cromatici e in fascinosi codici lineari, rivelando la volontà di giungere alle sfumature del sentimento. Così egli esplora il profondo e si immerge nel divenire delle cose, spingendosi oltre la linea del possibile.

In alcune sue opere, Gianfranco sembra disegnare la genesi stessa dell'universo e, nell'apparente caos descritto dalle masse di colore su un oscuro sfondo di spazio infinito, armonizzare la realtà con quella sua interiore coscienza che il mondo non si configura come l'insieme delle cose già esistenti ma come un incessante, infinito, generarsi.

Ecco che la pittura di Gianfranco Coccia, dunque, racconta la sua storia interiore e svela i suoi più reconditi pensieri, descrivendo un percorso intellettuale del tutto sui generis. Per questa ragione le sue opere hanno il loro luogo d'elezione nel cuore stesso della creazione, lì dove hanno origine i suoi pensieri.


Laura Sesler

La sincera ammirazione di Gianfranco Coccia per il Creato e le bellezze della natura che lo affascina per i suoi colori e la varietà delle forme in cui si manifesta il pulsare della Vita, lo ha indotto, invece, a realizzare, con un linguaggio figurativo portato al limite dell'astrazione nel succedersi delle rapide pennellate di colori acrilici di diverse intensità, un gruppo di suggestive marine.

Le coinvolgenti atmosfere cromatico-luminose che le connotano, fissano e fanno rivivere gli stati d'animo dell'Artista di fronte alla distesa infinita del mare gioiosamente illuminato dai raggi del sole o liricamente rischiarato dalla luce lunare, o attraversato da una sottile inquietudine, visualizzata dall'incresparsi della superficie per la brezza notturna.


G. Cudin

Gianfranco Coccia è un artista con una particolare sensibilità per la pittura e nel suo percorso del vivere e pensare da pittore, spesso utilizza materie che nella composizione del quadro, esplorato fin nel suo piccolo particolare, sono frutto di creativi elaborati materici. Opere dove gli intensi colori penetrano lo spessore dell'opera quasi a darne una tridimensionalità propria della scultura. Nasce così in Coccia lo dar sfogo alla disciplina della scultura. Gli elementi nelle sue mani sono una sorta di magia, ove gli studi della forma in cartone si trasformano, in composizioni in legno e acciaio, a volte viste secondo una prospettiva classica, altre con la sensibilità intima del creativo. Nulla è lasciato all'improvvisazione, la plasticità dell'opera è frutto di un disegno che nato da un pensiero vivace e brioso,diventa scultura, trasformandosi in totem o grandi ali, spesso di grandi dimensioni, per vivere nello spazio e appartenere allo stesso.